Il percorso delle mele dalla preistoria in poi

Siamo abituati ad identificare la mela con il Trentino Alto Adige e a giusta ragione giacché è lì che si coltivano e producono la maggior parte delle mele italiane.
Ma non tutti sanno, anzi, quasi nessuno sa che la mela è originaria dell’Asia Minore, a sud del Mar Nero. Pensate che attraversando rotte nautiche di commercio dell‘epoca, arriva in Egitto e là il Faraone Ramsete II, nientemeno che nel secolo VIII a.c., se ne innamora letteralmente e dispone delle coltivazioni private per suo privato godimento.
Ma si sa, le notizie volano, e presto anche alcuni audaci contadini riescono a produrre e vendere questa delizia, coltivando i meli lungo la valle del Nilo.
La fama della mela si espande a macchia d’olio e dall’Egitto alla Grecia il passo è breve. E questa volta pare sia transitata e passata di mano in mano dei popolani che, oltre a carpirne i segreti per una buona coltivazione, cominciarono, con il passar degli anni, a declinare diverse varietà di mele
E volete che non ne avessero sentore i romani? Certo che sì e, com’era prevedibile, perfezionarono ed ampliarono le conoscenze su questo prezioso dono naturale che venne da loro battezzato “pomus” per la sua forma tondeggiante. Pare siano stati proprio a loro a mangiarla anche cotta e ad utilizzarla come ingrediente per piatti di carne elaborati.
È anche vero che, facendo un passo di millenni indietro, anche nel neolitico si trovano tracce di questo frutto che poi si perdono fino alla comparsa in Asia. Chissà come ci è arrivata…
Ma dicevamo dei romani. Essi se ne innamorano letteralmente e la mela diviene un cibo di culto, così perfetta e succosa. Siamo abituati a vederli rappresentati distesi a piluccare l’uva, ma la mela per i romani era una prelibatezza, un dessert, da riservare a qualche dolce momento. Come facciamo noi con i cioccolatini, insomma.
Si scatenarono a decantarne le lodi poeti e scrittori, paragonando le mele alle loro innamorate o, ehm, ad alcune parti delle loro innamorate.
Siccome erano ingordi e amavano la bella vita e la buona tavola, la condivano con il miele o la melassa da barbabietola. Il bello della mela era la sua facilità di coltivazione che la rendeva accessibile a tutti e non solo ai privilegiati.
E va detto che, nonostante i bagordi per cui sono noti gli antichi romani, la mela resta uno dei frutti più sani, in grado di preservare e, in qualche caso, curare l’apparato digerente e svolgere la funzione di potente diuretico.
In seguito, le mele furono coinvolte nel decadimento dell’agricoltura a causa delle invasioni barbariche e questa crisi durò circa un millennio durante il quale s’impennò la produzione di cereali.
I meli, numerosissimi, furono abbandonati e regredirono allo stato selvatico, dando frutti ben lontani da quelli profumati e dolci che erano stati.
Verso la fine del XV secolo, grazie a grandi opere di irrigazione e di bonifica, il melo risorse e riprese a fornire i suoi succulenti frutti, creando nuove fonti di guadagno per i coltivatori.
A quel punto, e come spesso accade anche oggigiorno, gli americani annusarono e i frutti e il business così, nel XVI secolo, la mela emigra in America, in special modo in tutto lo stato di New York.
Durante questi millenni, sempre di più, le mele si sono affermate nella storia, nell’arte, nella cucina, fanno parte del nostro benessere e, ormai, dell’arredamento di casa e li troviamo nei proverbi, nelle fiabe.
Ma questa è un’altra storia che vi racconteremo.

Tagged